29 Ott 2012
ottobre 29, 2012

Mindfulness

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Stefano Tacca – Psicologo Novara – Borgomanero (NO)

La Dharmacakra, o Ruota del Dharma, è il simbolo della religione buddhista. È anche un’arma sacra, usata dal Buddha per colpire gli ostacoli che impediscono il raggiungimento del Nirvana.

Questa ruota ha otto raggi, che costituiscono il Nobile Ottuplice Sentiero: retta visione, retta intenzione, retta parola, retta sussistenza, retto sforzo, retta presenza mentale e retta concentrazione.

Non è qui il luogo ove dilungarsi sul Nobile Ottuplice Sentiero e sulle Quattro Nobili Verità di cui fa parte.

A noi interessa la traduzione in inglese del settimo raggio, che è Right Mindfulness.

A partire dagli anni 70 si sono sviluppati molti approcci psicologici e psicoterapeutici più o meno chiaramente basati sulla Mindfulness, pratica di meditazione buddista.

Se è vero che oggi è un metodo molto usato e discusso, è anche vero che i molteplici approcci che ne sono derivati non rendono facile dare una definizione univoca.

Il primo a realizzare che le pratiche di meditazione buddiste potessero essere impiegate con buoni vantaggi in psicologia e psicoterapia è stato lo statunitense Jon Kabat-Zinn, fondatore della Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR), dapprima utilizzata con pazienti affetti da condizioni mediche croniche.

Lo sviluppo della MBSR di Kabat-Zinn è stato ben coniugato con la terapia cognitiva, in particolare da Segal e Williams, dando vita alla Mindfulness Based Cognitive Therapy (MBCT), che ha avuto ottimi risultati sulle depressioni maggiori e non solo. Si è visto nei follow up una diminuzione delle ricadute nei i pazienti “trattatti” con Mindfulness.

La ACT, Acceptance and Commitment Therapy, mescola tecniche di Mindfulness con il concetto di accettazione.

La terapia dialettica comportamentale (DBT) di Marsha Linehan, a oggi il trattamento elettivo per i disturbi borderline di personalità, prevede esercizi di Mindfulness come parte fondamentale della terapia stessa.

Nella Terapia Metacognitiva (MCT) Adrian Wells utilizza il termine di “Detached Mindfulness” per sottolinearne le differenze che lui stesso ritiene fondamentali rispetto alla nozione classica.

E ci sono molti altri approcci.

Negli ultimi trent’anni l’interesse per questa “pratica” è aumentato e con esso in maniera esponenziale le ricerche e le critiche.

La ricerca sembra avere ormai appurato che vi siano ottimi risultati per il trattamento di stress, ansia, panico, depressione, dipendenze, disturbi alimentari e altri disturbi. La pratica Mindfulness anche in persone “sane” pare inoltre avere buon effetto sul sistema immunitario e altri benefici in via di conferme sperimentali.

Anche le critiche sono le più svariate: un’ottima rassegna è appena stata pubblicata in vari articoli sul sito State of Mind.

Ritengo impossibile e di nessuna utilità descrivere in poche righe tecniche, terapeutiche o di meditazione in questo caso, che spesso richiedono anni di pratica.

Vorrei però ricordare due dei cardini principali della Mindfulness: l’attenzione al presente (hic et nunc) e l’atteggiamento non-giudicante.

Per ognuno di questi pilastri si potrebbero scrivere (e sono state scritte) pagine e si possono osservare voragini di differenze terapeutiche e di modi di “stare” con l’altro, paziente o no che sia nello specifico.

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